mercoledì 31 ottobre 2007

report# 3 o anche riflessioni sui seguaci

ieri pomeriggio mi avevano chiamato alle 3 per una riunione sui miei orari e sui progetti per le prossima settimane. "Figo!" mi sono detto. Stolto. Dalle 3 alle 3.30 ho aspettato fuori dalla porta, dopo di che ho bussato e rotto un po' le balle (come mi ha suggerito il mio predecessore) poi sono tornato ad aspettare. A questo punto la mia mente ha cominciato a macinare pensieri sul clero e i suoi seguaci. Sí, non ve l'avevo detto, miei cari amici mangiapreti e non, ma qui é pieno di santi e madonne appesi (in un quadretto, mica a testa in giú) e di ricami con il Padrenostro in portoghese e di croci (anche una enorme all'entrata che sembra un cimitero). Nonostante questo non ho avuto ancora modo di verificare se, oltre a predicare, razzolano anche fra chiese e catechismi (cataclismi?), quindi non giudichiamo prima di conoscere. Peró, come dicevo, in questa mia lunghissima attesa di ieri, la mia mente macinava e quindi giudicava anche: ho pensato che mi stanno proprio sulle balle i seguaci del clero, non perché seguaci, ne' per le loro convinzioni, anch'io credo in qualcosa, in molte cose. Mi stanno sulle balle perché si preoccupano piú di appendere croci e ricamare Padrenostri (ricamare in tutti i sensi) che di cose piú importanti che la religione dice di osservare per rispetto dell'altro, tipo:
  • rispetto del tempo dell'altro (in questo caso io)

  • spiegare le cose dicendo "pane al pane e vino al vino, anzi pane al pane e vin santo al vin santo"

  • accogliere il piu' possibile bene chi arriva e non capisce perfettamente la tua lingua

Forse questi miei pensieri sono anche dovuti a una conversazione avuta ieri col direttore (nonché mio tutor) che riporto in italiano per voi non-lusofoni come me eheh:


DIRETTORE:Matia sai che non si possono portare ragazze a dormire in casa qui?


MATIA: perché?


D:per il regolamento del villaggio, perché chi lavora qui non ha la sua famiglia qui


M:grrr...posso vedere il regolamento del villaggio?


D:non c'é, non esiste


M:ah allora é solo una tradizione orale, come prima di Hamurrabi?

D: hmm...non lo so.

che schifo

3 commenti:

Unknown ha detto...

Matia, povero stolto...E' chiaro!
Le ragazze devono essere minorenni per poter entrare nelle camere!
Ma non te le avevamo insegnate queste cose prima che partissi??

luca ha detto...

Prova con i ragazzini, prova con i ragazzini. Funziona sempre, con il clero. Devi toccarli e fare una faccia da maiale, credo.

luca ha detto...

Giorni fa ho scritto questa lettera all'Adige, in merito a recenti polemiche sui crocifissi nella aule.

« Nonostante un certo disincanto nei confronti della nostra cultura (che non definirei però, tout-court cattolica), sono stupito dal clamore che la inossidabile vicenda dei crocifissi nella aule riesce a sollevare. Da quanti anni, infatti, la questione torna periodicamente alla ribalta?
Io, personalmente, ne discutevo, al liceo, più di dieci anni fa. Mi pare che il dibattito non abbia avuto una grande evoluzione, da allora; ancora, la divisione tra “pro” e “contro” si nutre delle medesime motivazioni, senza che esse vengano permeate minimamente.
Giustificare, però, la posizione dei “pro” con il ligio rispetto ad un decreto regio mi pare un po’ ipocrita, o per lo meno debole; pur essendo il sottoscritto, infatti, un convinto, convintissimo assertore della necessità di leggi condivise e del rispetto delle tali, ho l’impressione che, in questo caso, il discorso in gioco sia ben diverso. E legato, immancabilmente, a questioni culturali (in senso lato). Più ancora che di tolleranza e rispetto, di condivisione e fratellanza.
Ciò che, di primo acchito, io trovo grottesco è la sgangherata rincorsa del mondo cattolico ad una intima sicurezza mai raggiunta né, forse, raggiungibile. Non è un po’ ridicolo che neppure il più integralista (e integrale) degli integralisti islamici chieda di appiccicare i suoi simboli? Che non ci siano ebreo, induista, buddista, ateo a chiedere di rispettare la propria, di tradizione?
Siamo in un paese cristiano (sic!): il crocifisso è d’obbligo. Non senza ironia, mi viene da dire che non dobbiamo dimenticare, a questo punto, tanti altri elementi caratterizzanti la nostra tradizione. E allora potremmo pensare di appendere, sulla parete, un bel collage dei seguenti oggetti: occhiali finti e baffi da Groucho Marx (l’italiano, perdiana!, è contraddistinto dal baffo nero), un mandolino (o mandoloncello, perché amiamo fare le cose in grande), una foto di gruppo della famiglia Savoia (un po’ di coerenza: sono regi come il decreto), alcune pizze (da cambiare periodicamente per questioni igieniche), gli immancabili spaghetti (spero al dente), immagini di mafiosi (anche locali vanno bene, anzi meglio), Roberto Murolo (possibilmente non la salma), un pallone autografato sia da Rivera che da Mazzola, una riproduzione della Mona Lisa (ancor meglio la versione di Duchamp). Tutti simboli della nostra tradizione. Mi chiedo come faremo a mettere il Sole, sulla parete; magari disponendo, per ciascuna aula, un maggiore numero di finestre (e abolendo i sottotetto).
Ironia a parte, resta ben fondato, ahimè, lo sconcerto di fronte a quella che è talvolta la vera matrice culturale di certa parte del mondo cattolico: la totale mancanza di capacità dialogica, non solo con le altre culture, ma anche con il suo stesso substrato.
Proprio in Trentino, una terra di confine, il multiculturalismo si riduce alla difesa di tradizioni avvertite (ormai) più sulla carta che nel profondo; tradizioni che emergono prepotenti al momento di doverle (irrazionalmente) difendere dal Diverso. Ancora tanto c’è da fare...»