Lunedí ho cominciato il mio tirocinio, l’ultimo dell’uni, da questa settimana fino a meta maggio, al Centro di Accoglimento del Consiglio Portoghese per i Rifugiati. L’idea, e l’obiettivo del tirocínio, é diagnosticare, progettare, eseguire e valutare un progetto di animação sociocultural com e per le persone che vivono qui [circa 60, in attesa di sapere se hanno ottenuto lo statuto di rifugiato dal Servizio Stranieri e Frontiere o no]. Sta finendo la prima settimana e quasi non ho fatto niente, ma é difficile scrivere sul niente quindi mi limiteró a 3 punti principali.
[Premessa al punto 1]
Sto lavorando, da gennaio ad aprile, a um progetto Leonardo da Vinci com 2 ragazze e 1 ragazzo francesi, animadores socioculturais, che sono venuti a lavorare in progetti diversi a Lisbona. Insieme a un mio prof sono co-coordinatore del progetto (vuol dire che mi occupo di alcune parti generali del progetto e sostituisco il prof quando non c’é o quando sparisce – tipo ora – e sono il tutor di uno dei tre ragazzi. Quindi attualmente sono, allo stesso tempo, stagista e tutor, anche se esterno. Quindi, nel mio snervante tempo libero e nelle 2 ore di autobus che faccio ogni giorno, penso spesso a questa mia dualitá.
[Punto 1]
Del come un buon stage dipende anche e soprattutto dal tutor
oppure
Del come la prima settimana é sempre la peggiore.
oppure
Del come la prima settimana é sempre la peggiore.
Quando uno arriva in un posto nuovo ha bisogno o di qualcosa da fare o di qualcuno da seguire e osservare. Io ho avuto qualcosa da fare, ma l’ho giá finita e ora sto cercando di migliorarla e di fare altre cose, tra le quali mettere a posto le idee e scrivere nel blog, perché non mi stanno dando nient’altro da fare. Qui non c’é un animador sociocultural da seguire come un ombra (che da un lato potrebbe essere una buona scusa per farmi assumere) e tutti quelli che lavorano qua non hanno bisogno del mio aiuto e, peggio, non hanno tempo per insegnarmi delle cose. Credo che quando uno accetta di essere un tutor debba prendersi il tempo per tentar rispondere a tutte le domande dello stagista, per fargli conoscere le persone e il lavoro che c’é da fare. Io arrivo tutti i giorni tentando di parlare con il mio tutor, chiedo se qualcuno ha bisogno di aiuto, faccio una proposta di lavoro per la giornata, lui risponde, nell’ordine,: “Si, No, Ok” e io vado nella mia stanzetta a lavorare. Credo e spero che questo stress sparisca piú o meno la prossima settimana, quando giá riusciró a capire da solo cosa bisogna fare, ma, oggi, continuo a essere un po’ incazzato.
[Punto 2]
Del come é difficile chiedere.
L’idea del progetto parte com il diagnostico, cioé il capire di cosa le persone hanno bisogno. Questo si puo farei in vari modi, tra i quali andare a chiedere alle persone direttamente. Noi lavoriamo in una zona riservata, separata dal resto del centro dove vivono i rifugiati. Non avete idea di come é difficile passare quella porta, andare nel salotto comune, sedersi e dire (in portoghese o in inglese) “Ciao, sono matia, sono italiano e sono qui per uno stage in animação sociocultural fino a maggio, cosa ti piacerebbe fare?”. Serve una scusa per parlare con le persone. Oggi vediamo tutti assieme un film (che sembra sia di Bollywood hihi) e questa potrebbe essere la prima scusa. In questi giorni ho preparato un manifesto e dei volatini per un concorso di cucina, ora sto aspettando che si decidano sulla data, ma questi volantini potrebbero essere la seconda scusa per parlare con le persone la prossima settimana.
[Punto 3]
Delle colonie.
I portoghesi hanno giá imparato a gestire la relazione con le loro ex-colonie. Ci sono vari modi di farlo, ma tutti ci hanno giá pensato e hanno una posizione in merito. Noi no. L’altro giorno ho conosciuto un ragazzo della Somalia, rifugiato in Portogallo, che giá non vive qui al Centro, ma viene per il corso di portoghese. Quando gli ho detto che ero italiano, mi ha risposto se sapevo che il mio paese aveva colonizzato il suo. Ovvio che lo sapevo. Per la prima volta mi sono trovato a dover fare i conti con il nostro ridicolo (in tutti i sensi) passato coloniale. A conti fatti gli ho chiesto scusa, lui ha riso e mi ha risposto che forse sarebbe stato meglio se gli italiani fossero rimasti lá.
Risposta: No, credo di no.
Nota all'immagine: Quello tondo non é un Cd-Rom.
1 commento:
ok, lo sfogo é servito a qualcosa, lunedí finiró uesta fase de queixinhas, parleró col capo e trovero una soluzione e qualcosa di interessante da fare. Anche l'anno scorso la prima settimana é stata terribbbbbile. ora bisogna smettere di lamentarsi e sbattersi. we can do it
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