Giovedí parto per Beja, per lavorare/raccontare al Festival di narrazione orale Palavras Andarilhas. É il festival principale in Portogallo in quest'area e uno dei piú importanti nella penisola iberica, quasi quanto la Maraton de los Cuentos di Guadalajara. Ci saranno contadores superbravi ed é per me motivo di grande orgoglio essere nel programma e raccontare nella Noite dos Contadores Andarilhos, ma in questi giorni continuo a essere combattutto tra l'ansia della prestazione (artistica ovviamente...) e la sicurezza nei racconti che racconto.
Da qui, da questa battaglia interna, é nata una riflessione congiunta sui vari stili e i vari modi di essere un contador de histórias. Non so che tipo di contador sono, so cosa non sono e cosa (forse) non voglio essere. Non sono un contador urbano strettamente legato ai libri, non sono un contador sognatore che racconta la magia delle fate e degli elfi e sembra un cretino con una scatola di musica o un palloncino in mano (Deus me livre...), non sono un contador rurale, non sono un contador di storie della tradizione orale né portoghese, né italiana, non sono un contador che usa marionette o burattini, non sono un contador che viene dal teatro, non sono un contador da villaggio turistico.
Sono una miscela (al 5% come il trial fantic) di queste cose, sento di essere un contador in cammino, camminando alla ricerca del mio stile, ma allo stesso tempo non voglio entrare nell'immaginario dei viaggi e dei vagabondi troppo spesso abusato e rovinato. So che il mio repertorio (composto da una dozzina di contos & histórias) non é coerente e lineare. So che racconto quello che mi piace, quello che mi meraviglia e quello che mi sembra importante, fondamentale, da raccontare e so che questa scelta, questo mio filtro nella ricerca delle storie, mi aiuta a lavorare meglio, a non vendermi al mercato e a essere sicuro quando racconto e, apparentemente, a piacere al pubblico per questo. So che il mio repertorio é in costruzione e per questo non mi sento pronto per proporre uno spettacolo intero a una biblioteca, una scuola o un museo e per questo racconto con altri contadores e accetto gli inviti di chi mi chiama, senza creare qualcosa di mio, per lo meno per ora.
Attualmente, secondo me, lavoro bene in un formato da bar, raccontando seduto ai tavolini o su uno sgabello, accompagnato o accompagnando altri contadores o Kant alla chitarra o sfidando il pubblico a raccontarci qualcosa (perché il 70% di tutte le nostre conversazioni sono narrative e quindi ognuno di noi ha qualcosa da raccontare, sempre).
Per esplorare di piú quest'idea di contador in cammino ho comprato negli States per pochi dollari la fantastica HURDY GURDY in fotografia. In realtá un Hurdy Gurdy é uno strumento medievale, ma questa (che é gia nostra) é una di quelle scatole che si vedono nei fumetti appese al collo di una scimmia sfruttata da un artista di strada e che producono una musica (sempre la stessa) al girare la manovella. Attualmente la mia fantastica Hurdy Gurdy é in viaggio verso la casa di Porno Joe, in West Virginia, che poi rispedirá qua a Lisboa e che ringrazio tanto tantissimo per questo grande piacere. L'idea é di raccontare storie in cammino, chiamando la gente con la Hurdy Gurdy e sedendomi su uno sgabello per poi ripartire camminando. Il nome di questo formato di contador sará "Histórias à Manivela" (nome geniale che resta patentato con questo post).
Cosí continuerá il mio percorso di contador de histórias quando arriverá il fantastico pacchetto (tra un mese o due), nel frattempo dopodomani andró as Palavras Andarilhas a camminare con gli altri contadores, con i miei (e gli altri) pubblici e con i ragazzi di un liceo a Beja dove mi hanno invitato nuovamente a raccontare venerdí chiamandomi contador honorário. Uau.
2 commenti:
Aspettando di diventare un contador a manovella, puoi sempre fregiarti del titolo di contador da banco, o da bancone.
Ah l'hurdy gurdy in italiano è la ghironda, quella dei Lou Dalfin! Yeah
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