domenica 6 dicembre 2009

No-berlusconi day em lisboa




piú di 300 persone dati non della questura
il nostro guestbook ha superato, appunto, le 300 firme
con italiani, portoghesi, altri europei, africani, iraniani (no, forse era solo uno) e molte altre persone
Concerto dell'Anonima Nuvolari e dos Ritmos de Resistencia
grazie a albertina di roma per il video

martedì 17 novembre 2009

Decameron, Terza Giornata, Prima Novella: Le corna di Cristo

Terza Giornata

Novella prima


Masetto da Lamporecchio si fa mutolo e diviene ortolano di uno monistero di donne, le quali tutte concorrono a giacersi con lui.


Le corna di Cristo
Bellissime donne, assai sono di quegli uomini e di quelle femine che sì sono stolti, che credono troppo bene che, come ad una giovane è sopra il capo posta la benda bianca e in dosso messale la nera cocolla, che ella più non sia femina né più senta de' feminili appetiti se non come se di pietra l'avesse fatta divenire il farla monaca; e se forse alcuna cosa contra questa lor credenza n'odono, così si turbano come se contra natura un grandissimo e scelerato male fosse stato commesso, non pensando né volendo aver rispetto a sé medesimi, li quali la piena licenzia di poter far quel che vogliono non può saziare, né ancora alle gran forze dell'ozio e della solitudine. E similmente sono ancora di quegli assai che credono troppo bene che la zappa e la vanga e le grosse vivande e i disagi tolgano del tutto a'lavoratori della terra i concupiscibili appetiti e rendan loro d'intelletto e d'avvedimento grossissimi. Ma quanto tutti coloro che così credono sieno ingannati, mi piace, poi che la reina comandato me l'ha, non uscendo della proposta fatta da lei, di farvene più chiare con una piccola novelletta.

In queste nostre contrade fu, ed è ancora, un monistero di donne assai famoso di santità (il quale io non nomerò per non diminuire in parte alcuna la fama sua), nel quale, non ha gran tempo, non essendovi allora più che otto donne con una badessa, e tutte giovani, era un buono omicciuolo d'un loro bellissimo giardino ortolano, il quale, non contentandosi del salario, fatta la ragion sua col castaldo delle donne, a Lamporecchio, là ond'egli era, se ne tornò. Quivi, tra gli altri che lietamente il raccolsono, fu un giovane lavoratore forte e robusto e, secondo uom di villa, con bella persona e con viso assai piacevole, il cui nome era Masetto; e domandollo dove tanto tempo stato fosse. Il buono uomo, che Nuto avea nome, gliele disse. Il quale Masetto domandò, di che egli il monistero servisse.

A cui Nuto rispose: - Io lavorava un loro giardino bello e grande e, oltre a questo, andava alcuna volta al bosco per le legne, attigneva acqua e faceva cotali altri servigetti; ma le donne mi davano sì poco salaro, che io non ne potevo appena pure pagare i calzari. E, oltre a questo, elle son tutte giovani e parmi ch'elle abbiano il diavolo in corpo, ché non si può far cosa niuna al lor modo; anzi, quand'io lavorava alcuna volta l'orto, l'una diceva: - Pon qui questo -; e l'altra: - Pon qui quello -; e l'altra mi toglieva la zappa di mano e diceva: - Questo non sta bene -; e davanmi tanta seccaggine, che io lasciava stare il lavorio e uscivami dell'orto; sì che, tra per l'una cosa e per l'altra, io non vi volli star più e sonmene venuto. Anzi mi pregò il castaldo loro, quando io me ne venni, che, se io n'avessi alcuno alle mani che fosse da ciò, che io gliele mandassi, e io gliele promisi; ma tanto il faccia Dio san delle reni, quanto io o ne procaccerò o ne gli manderò niuno.

A Masetto, udendo egli le parole di Nuto, venne nell'animo un disidero sì grande d'esser con queste monache, che tutto se ne struggea, comprendendo per le parole di Nuto che a lui dovrebbe poter venir fatto di quello che egli disiderava. E avvisandosi che fatto non gli verrebbe se a Nuto ne dicesse niente, gli disse: - Deh come ben facesti a venirtene! Che è un uomo a star con femine? Egli sarebbe meglio a star con diavoli: elle non sanno delle sette volte le sei quello che elle si vogliono elleno stesse.

Ma poi, partito il lor ragionare, cominciò Masetto a pensare che via dovesse tenere a dovere potere esser con loro; e conoscendo che egli sapeva ben fare quegli servigi che Nuto diceva, non dubitò di perder per quello, ma temette di non dovervi esser ricevuto per ciò che troppo era giovane e appariscente. Per che, molte cose divisate seco, imaginò: - Il luogo è assai lontano di qui e niuno mi vi conosce; se io so far vista d'esser mutolo, per certo io vi sarò ricevuto -.

E in questa imaginazione fermatosi, con una sua scure in collo, senza dire ad alcuno dove s'andasse, in guisa d'un povero uomo se n'andò al monistero; dove pervenuto, entrò dentro e trovò per ventura il castaldo nella corte; al quale faccendo suoi atti come i mutoli fanno, mostrò di domandargli mangiare per l'amor di Dio e che egli, se bisognasse, gli spezzerebbe delle legne. Il castaldo gli diè da mangiar volentieri, e appresso questo gli mise innanzi certi ceppi che Nuto non avea potuto spezzare, li quali costui, che fortissimo era, in poca d'ora ebbe tutti spezzati. Il castaldo, che bisogno avea d'andare al bosco, il menò seco, e quivi gli fece tagliate delle legne; poscia, messogli l'asino innanzi, con suoi cenni gli fece intendere che a casa ne le recasse. Costui il fece molto bene, per che il castaldo a far fare certe bisogne che gli eran luogo più giorni vel tenne. De quali avvenne che uno dì la badessa il vide, e domandò il castaldo chi egli fosse.

Il quale le disse: - Madonna, questi è un povero uomo mutolo e sordo, il quale un di questi dì ci venne per limosina, sì che io gli ho fatto bene, e hogli fatte fare assai cose che bisogno c'erano. Se egli sapesse lavorar l'orto e volesseci rimanere, io mi credo che noi n'avremmo buon servigio, per ciò che egli ci bisogna, ed egli è forte e potrebbene l'uom fare ciò che volesse; e, oltre a questo, non vi bisognerebbe d'aver pensiero che egli motteggiasse queste vostre giovani.

A cui la badessa disse: - In fè di Dio tu di'il vero. Sappi se egli sa lavorare e ingegnati di ritenercelo; dagli qualche paio di scarpette qualche cappuccio vecchio, e lusingalo, fagli vezzi, dagli ben da mangiare.

Il castaldo disse di farlo. Masetto non era guari lontano, ma faccendo vista di spazzar la corte tutte queste parole udiva, e seco lieto diceva: - Se voi mi mettete costà entro, io vi lavorrò sì l'orto che mai non vi fu così lavorato -.

Ora, avendo il castaldo veduto che egli ottimamente sapea lavorare e con cenni domandatolo se egli voleva star quivi, e costui con cenni rispostogli che far voleva ciò che egli volesse, avendolo ricevuto, gl'impose che egli l'orto lavorasse e mostrogli quello che a fare avesse; poi andò per altre bisogne del monistero, e lui lasciò. Il quale lavorando l'un dì appresso l'altro, le monache incominciarono a dargli noia e a metterlo in novelle, come spesse volte avviene che altri fa de'mutoli, e dicevangli le più scelerate parole del mondo, non credendo da lui essere intese; e la badessa, che forse estimava che egli così senza coda come senza favella fosse, di ciò poco o niente si curava.

Or pure avvenne che costui un dì avendo lavorato molto e riposandosi, due giovinette monache, che per lo giardino andavano, s'appressarono là dove egli era, e lui che sembiante facea di dormire cominciarono a riguardare. Per che l'una, che alquanto era più baldanzosa, disse all'altra: - Se io credessi che tu mi tenessi credenza, io ti direi un pensiero che io ho avuto più volte, il quale forse anche a te potrebbe giovare.

L'altra rispose: - Di'sicuramente, ché per certo io nol dirò mai a persona.

Allora la baldanzosa incominciò: - Io non so se tu t'hai posto mente come noi siamo tenute strette, né che mai qua entro uomo alcuno osa entrare, se non il castaldo ch'è vecchio e questo mutolo; e io ho più volte a più donne, che a noi son venute, udito dire che tutte l'altre dolcezze del mondo sono una beffa a rispetto di quella quando la femina usa con l'uomo. Per che io m'ho più volte messo in animo, poiché con altrui non posso, di volere con questo mutolo provare se così è. Ed egli è il miglior del mondo da ciò costui; ché, perché egli pur volesse, egli nol potrebbe né saprebbe ridire. Tu vedi ch'egli è un cotal giovanaccio sciocco, cresciuto innanzi al senno; volentieri udirei quello che a te ne pare.

- Ohimè! - disse l'altra, - che è quello che tu di'? Non sai tu che noi abbiam promesso la virginità nostra a Dio?

- Oh, - disse colei, - quante cose gli si promettono tutto '1 dì, che non se ne gli attiene niuna! se noi gliele abbiam promessa, truovisi un'altra o dell'altre che gliele attengano.

A cui la compagna disse: - O se noi ingravidassimo, come andrebbe il fatto?

Quella allora disse: - Tu cominci ad aver pensiero del mal prima che egli ti venga; quando cotesto avvenisse, allora si vorrà pensare; egli ci avrà mille modi da fare sì che mai non si saprà, pur che noi medesime nol diciamo.

Costei, udendo ciò, avendo già maggior voglia che l'altra di provare che bestia fosse l'uomo, disse: - Or bene, come faremo?

A cui colei rispose: - Tu vedi ch'egli è in su la nona; io mi credo che le suore sien tutte a dormire, se non noi; guatiam per l'orto se persona ci è, e s'egli non ci è persona, che abbiam noi a fare se non a pigliarlo per mano e menarlo in questo capannetto, là dove egli fugge l'acqua; e quivi l'una si stea dentro con lui e l'altra faccia la guardia? Egli è sì sciocco, che egli s'acconcerà comunque noi vorremo.

Masetto udiva tutto questo ragionamento, e disposto ad ubidire, niuna cosa aspettava se non l'esser preso dall'una di loro. Queste, guardato ben per tutto e veggendo che da niuna parte potevano esser vedute, appressandosi quella che mosse avea le parole a Masetto, lui destò, ed egli incontanente si levò in piè. Per che costei con atti lusinghevoli presolo per la mano, ed egli faccendo cotali risa sciocche, il menò nel capannetto, dove Masetto senza farsi troppo invitare quel fe ce che ella volle. La quale, sì come leale compagna, avuto quel che volea, diede all'altra luogo, e Masetto, pur mostrandosi semplice, faceva il lor volere. Per che avanti che quindi si dipartissono, da una volta in su ciascuna provar volle come il mutolo sapea cavalcare; e poi, seco spesse volte ragionando, dicevano che bene era così dolce cosa, e più, come udito aveano; e prendendo a convenevoli ore tempo, col mutolo s'andavano a trastullare.

Avvenne un giorno che una lor compagna, da una finestretta della sua cella di questo fatto avvedutasi, a due altre il mostrò. E prima tennero ragionamento insieme di doverle accusare alla badessa; poi, mutato consiglio e con loro accordatesi, partefici divennero del podere di Masetto. Alle quali l'altre tre per diversi accidenti divenner compagne in vari tempi. Ultimamente la badessa, che ancora di queste cose non s'accorgea, andando un dì tutta sola per lo giardino, essendo il caldo grande, trovò Masetto (il qual di poca fatica il dì, per lo troppo cavalcar della notte, aveva assai) tutto disteso al l'ombra d'un mandorlo dormirsi, e avendogli il vento i panni dinanzi levati indietro, tutto stava scoperto. La qual cosa riguardando la donna, e sola vedendosi, in quel medesimo appetito cadde che cadute erano le sue monacelle; e, destato Masetto, seco nella sua camera nel menò, dove parecchi giorni, con gran querimonia dalle monache fatta che l'ortolano non venia a lavorar l'orto, il tenne, provando e riprovando quella dolcezza la qual essa prima all'altre solea biasimare.

Ultimamente della sua camera alla stanza di lui rimandatolne, e molto spesso rivolendolo, e oltre a ciò più che parte volendo da lui, non potendo Masetto sodisfare a tante, s'avvisò che il suo esser mutolo gli potrebbe, se più stesse, in troppo gran danno resultare. E perciò una notte colla badessa essendo, rotto lo scilinguagnolo, cominciò a dire: - Madonna, io ho inteso che un gallo basta assai bene a dieci galline, ma che dieci uomini possono male o con fatica una femina sodisfare, dove a me ne conviene servir nove, al che per cosa del mondo io non potrei durare; anzi son io, per quello che infino a qui ho fatto, a tal venuto che io non posso far né poco né molto; e perciò o voi mi lasciate andar con Dio, o voi a questa cosa trovate modo.

La donna udendo costui parlare, il quale ella teneva mutolo, tutta stordì, e disse: - Che è questo? Io credeva che tu fossi mutolo.

- Madonna, - disse Masetto - io era ben così, ma non per natura, anzi per una infermità che la favella mi tolse, e solamente da prima questa notte la mi sento essere restituita, di che io lodo Iddio quant'io posso.

La donna sel credette, e domandollo che volesse dir ciò che egli a nove aveva a servire. Masetto le disse il fatto. Il che la badessa udendo, s'accorse che monaca non avea che molto più savia non fosse di lei; per che, come discreta, senza lasciar Masetto partire, dispose di voler colle sue monache trovar modo a questi fatti, acciò che da Masetto non fosse il monistero vituperato. Ed essendo di que'dì morto il lor castaldo, di pari consenatimento, apertosi tra tutte ciò che per addietro da tutte era stato fatto, con piacer di Masetto ordinarono che le genti circustanti credettero che, per le loro orazioni e per gli meriti del santo in cui intitolato era il monistero, a Masetto, stato lungamente mutolo, la favella fosse restituita, e lui castaldo fecero; e per sì fatta maniera le sue fatiche partirono, che egli le poté comportare. Nelle quali, come che esso assai monachin generasse, pur sì discretamente procedette la cosa che niente se ne sentì se non dopo la morte della badessa, essendo già Masetto presso che vecchio e disideroso di tornarsi ricco a casa; la qual cosa saputa, di leggier gli fece venir fatto.

Così adunque Masetto vecchio, padre e ricco, senza aver fatica di nutricar figliuoli o spesa di quegli, per lo suo avvedimento avendo saputo la sua giovanezza bene adoperare, donde con una scure in collo partito s'era se ne tornò, affermando che così trattava Cristo chi gli poneva le corna sopra 'l cappello.

Opinioni, idee & suggerimenti per la rappresentazione in palco
Via alle telefonate!

lunedì 16 novembre 2009

A estranha história de Capuchinho Vermelho (shadow edition)




Dal corso di Prática teatral, alla mia universitá.

Non c'é la mia parte della storia, visto che dovevo stare dietro lo schermo e non potevo filmare

sabato 7 novembre 2009

QUESTO TRENTINO nº 9, ottobre 2009

Lettera dall’altro mondo

Avranno chiuso la porta al berlusconismo?
Il Portogallo dopo le elezioni del 27 settembre
di Matia Losego & Janeca Dornelas
Per un italiano all’estero, per lo meno in Europa, è difficile staccarsi dalla politica italiana e seguire la politica locale. È difficile, qui, perché il nostro primo ministro è presente ogni settimana sui giornali portoghesi con una sua affermazione, per l’ennesimo scandalo mondano o nella rubrica i migliori e i peggiori della settimana, comparendo troppo spesso nella seconda categoria. Con sorpresa e una certa dose di vergogna abbiamo scoperto che qui l’esempio italiano è studiato nelle facoltà di politica e giornalismo come esempio europeo di instabilità di governo.

Il Portogallo, nel nostro immaginario, continua invece ad essere la terra della rivoluzione dei garofani, del 25 aprile 1974 (casuale e affascinante analogia con il 25 aprile italiano) e del mettete dei fiori nei vostri cannoni. Il fatto che la rivoluzione qui sia un fatto storico recente implica una forte presenza degli ideali dell’epoca e le stesse persone che hanno partecipato alla politica prima e dopo la rivoluzione, come Mario Soares, ex Presidente della Repubblica, hanno ancora una grande influenza nel dibattito politico, pur non essendo più rappresentanti istituzionali.

La recente campagna elettorale è stata, soprattutto nelle ultime due settimane, come al solito, centrata sull’attacco ai rivali politici e sulla comparazione di questi con Salazar, il vecchio dittatore fascista. Le proposte e le nuove strategie politiche sono rimaste chiuse nelle pagine dei programmi che nessuno legge e tutti sventolano in aria come la Bibbia.

Domenica sera (27 settembre) si è assistito allo spoglio delle schede elettorali e ai relativi messaggi dei candidati. Il dato più importante è che il Partito Socialista di José Socrates, ora al secondo mandato, ha perso la maggioranza assoluta che aveva ottenuto nelle precedenti elezioni del 2005, passando da 120 a 96 deputati su un totale di 226, pur continuando a essere il partito di maggioranza. Probabilmente questo calo ha a che vedere con le riforme strutturali (ad esempio del sistema di valutazione dei professori) che il governo socialista ha attuato nella precedente legislatura, scontrandosi duramente con i sindacati, e al fatto che non è ancora stata delineata una strategia chiara in risposta alla crisi internazionale. Manuela Ferreira Leite, candidata del PSD (centro destra) è stata battuta ed è stata la prima a riconoscere la sconfitta del suo partito. Ma i veri vincitori sono stati il CDS-PP, un partito di destra (al parlamento europeo nel PPE con il PSD) che cavalca i temi della sicurezza e della legalità, e il Bloco de Esquerda della sinistra alternativa.

La questione centrale, ora, sarà vedere con chi deciderà di allearsi il PS, o chi accetterà di farlo, considerando gli attacchi rivolti da più parti alla politica dell’ultimo governo. Le due opzioni sono una coalizione di sinistra, fra PS, Bloco de Esquerda, comunisti e verdi, o una singolare alleanza tra centro sinistra (PS) e destra (CDS-PP) lasciando da parte il centro destra (PSD). Nei messaggi a caldo della notte elettorale sono continuate le polemiche e gli attacchi contro il primo ministro e le sue repliche, ma molto probabilmente la necessità di un governo stabile porterà a una decisione, dopo una accesa contrattazione riguardante le poltrone dei ministeri.

Nell’opinione pubblica, questa la sensazione, si è tirato un sospiro di sollievo per la mancata elezione di Manuela Ferreira Leite, esponente dell’area più conservatrice del suo partito, e abbastanza rigida su questioni importanti come l’uguaglianza dei diritti per le coppie omosessuali.

Il fatto che la vera vittoria (per lo meno morale) sia andata a partiti alternativi al sistema bipolare, il CDS-PP e il Bloco, potrebbe significare che i portoghesi non vogliono giocare al berlusconismo (riusciremo mai, da italiani all’estero, a staccarci dal panorama del Belpaese almeno nei tentativi di analisi della politica estera?). In questi ultimi anni e in questa campagna elettorale, infatti, si sono riviste alcune delle caratteristiche tipiche della situazione italiana, con il premier sempre in primo piano, ad accusare i giornalisti di “caccia all’uomo”, e con gli altri partiti ad attaccare più la sua persona che le sue politiche, enfatizzando gli scandali e i sospetti su di lui e cercando, allo stesso tempo, di vincere il campione al suo stesso gioco.

In questo clima resta da vedere, a questo punto, con chi si alleerà il Partito Socialista e soprattutto quali saranno le strategie contro la crisi internazionale; e se il nuovo governo saprà rispondere alla domanda di cambiamento e alla necessità di misure sociali e politiche contro la disoccupazione, sopra il 9% nel secondo trimestre del 2009.

grazie luca!

mercoledì 21 ottobre 2009

neonati

lunedí é nato miguel, fratello di inês, cugino della janeca e credo diciottesimo nipote della mamma della janeca, benvenuto!

lunedí é nato www.piccoloteatrocontagioso.blogspot.com

per un progetto dell'universitá, in un corso di teatro.
Denis, se vuole, puó considerarsi padrino del piccoloteatrocontagioso
(e quindi sganciare regali a s.Nicoló, natale e befana)

lunedì 28 settembre 2009

L'uva e il vino

un vignaiolo in agonia parlò nell'orecchio a Marcela. Prima di morire, le confidò il suo segreto. "L'uva", le sussurrò, "è fatta di vino".
Me l'ha raccontato Marcela Pérez-Silva. E io ho pensato: se l'uva è fatta di vino, forse noi siamo le parole che raccontano quello che siamo.
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Eduardo Galeano
Il libro degli abbracci
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questo libro mi prende e mi lascia e poi mi riprende, neanche fossi una bambola.

martedì 15 settembre 2009

proibissem a saudade

A saudade é uma fenix,


tu a matas, mas sabes que ela volterá sempre a nascer das próprias cinzas.

fogo...

giovedì 10 settembre 2009

3,2,1...

Blog momentaneamente sospeso per trasferta trentina dell'autore e coautrice.
Appuntamento in centro e a tut gardol en festa.

giovedì 3 settembre 2009

museo effimero



e domani il nostro/vostro(?!) eroe/turista per caso si dedicherá al museo effemero!
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oh yeah!




ricordiamo che turistare stanca, forse, seguendo l'esempio di luca, dovrei turistare con lentezza.

mercoledì 19 agosto 2009

saggezza populá

zuiba

vegnuda

stemana

sen'zuda


Questo é sicuramente uno dei miei proverbi preferiti, "quando arriva giovedí, la settimana se ne é giá andata". é perfetto e soprattutto é vero, tutti (io compreso) odiano il lunedí (non solo per il processo di Biscardi), martedí é solo il giorno dopo il lunedí, mercoledí é giá vigilia del giovedí quindi rallegra, giovedí c'é il proverbio, venerdí é giá finita, sabato mon amour, domenica buuuu (come sostiene anche il leopardi).


Possiamo quindi analizzare la curva di felicitá che si manifesta a partire da mercoledí sera, si stabilizza il giovedí, raggiunge il suo apice venerdi sera e sabato mattina (senza sveglia!) e finisce miseramente domenica pomeriggio dove non c'é mai niente da fare.


e allora te, caro lettore, non cominci a sentirti piú felice oggi?
VIVA IL GIOVEDÍ!
PIÚ GIOVEDÍ PER TUTTI!

mercoledì 29 luglio 2009

scusate il ritardo

si lo so che sono in ritardo con i post e con le notizie che aprono il TG1 o a RTP1


scusate

mercoledì 17 giugno 2009

1º ano, feito


qui la scala é in ventesimi e la sufficienza é 10, chevvicredavate?

ho deciso che sono stato bocciato fin troppe volte a Mesiano per essere bocciato anche qui

yeah

Marchas populares

S.Antonio, festa di birrette, sardine, matrimoni collettivi e marcie popolari.

Il Comune di Lisbona organizza ogni anno, a s. antónio (di lisboa e/o di padova) le marcie popolari, dando dei soldi ai quartieri che si organizzano per preparare una sfilata di costumi, archi, musiche e canzoni. Ok, é un invenzione salazarista e si nota dai temi dei vari quartieri, tipo le scoperte portoghesi, il mare, i lavori di una volta, ma il castelo fa la differenza. Al castelo (di S.Jorge, quello del drago) viveva una nostra amica che é costumista, l'anno scorso ha vinto la categoria dei costumi delle marcie popolari e quest'anno ha convinto il quartiere del castelo ha lasciare perdere questi temi salazaristi e a mascherarsi da scacchi. Poi ha fatto i costumi, gli archi e ha litigato mille volte con le sarte e i tecnici. Nei giorni della marcia, in un mega palasport e poi, il 12 sera, nella strada principale della cittá, siamo andati a aiutarla a preparare i marcianti (52 o una cosa del genere). La janeca truccava le donne stile Cirque do Soleil io ero il trova robe o l'attacca fettuccie nei tamburelli. Nel palasport alla fine noi siamo rimasti fra il pubblico, avendo cosi il piacere di vedere anche una minirissa tra tifoserie avversarie (we are not tipical, recitava un graffito tempo fa), ma nell avenida da libertade siamo rimasti con lei a fare gli ultimi ritocchi, tipo spruzzare uno spray con brillantini (secondo me tossico) in faccia a tutti e soprattutto abbiamo sfilato nell'avenida con i marcianti e con ritinha (questa nostra amica) come tecnici yeah. In realta io nell'avenida non ho fatto niente, solo avevo un rotolone di scotch appeso al marsupio e mi sforzavo a fare la faccia da tecnico concentrato, ma la janeca per esempio ha riparato scarpe rosse col tacco (attaccandole direttamente al piede con nastro adesivo, zitta, soffri e danza). Passavamo tra il pubblico, separato da noi dalle transenne, come passano i tecnici dei grandi concerti, ahahah. Beh insomma alla fine il castelo ha vinto! ha vinto il concorso principale a pari merito con Alfama (quelli che non sono tipici) e ha vinto anche, sempre a pari merito, la sezione costumi, la sezione archi (tutto lavoro di ritinha, vivaviva) e la coreografia. yeah

ninguem para o castelo

ninguem para o castelo

ninguem para o castelo

questo é il video dello spettacolo principale dell'avenida, nel concorso é obbrigatorio che siano i marcianti a cantare le canzoni, con tutto quello che implica, ahahah

Toca a alvorada

e o Castelo acorda logo

marcha compassada

que este bairro tem de cor

Lembra aquela espada

transformada em cruz de fogo

para um Portugal maior

il testo non ha nessun senso, ma é una di quelle canzoni che esaltano le folle

e ah, siamo anche tra i ringraziamenti, io sono semplicemente Matia, come quando c'é un unico nero nei film dei teenagers americani

ma in veritá siamo noi che ringraziamo Ritinha

venerdì 22 maggio 2009

cirque do soleil VAREKAI

pa', não dá para acreditar, mas acreditem!

obrigado meu amor, obrigado ao cirque!

lunedì 4 maggio 2009

lumacablog

consegnata oggi la relazione del mio stage, che valendo 14 crediti (chiça!) puó essere considerata una tesina. hihihi. ringraziamo caui per l'aiuto grafico e janeca per la pazienza.
oggi invece a lezione abbiamo cominciato a lavorare in flash. ecco il primo risultato:




ok, i disegni e la foto non sono miei, ce li ha dati il prof,ma chemmenefregaamme? ho fatto la mia prima animazione in flash!yeah!
ora ci lanciamo nella produzione della filastrocca "Cosa ci vuole" di Rodari (per fare un tavolo, ci vuole in legno, x fare il legno...) con l'obiettivo di promuovere la lettura
yeah!

venerdì 24 aprile 2009

loop

Era uma vez três,
dois austríacos e um inglês.


O inglês, que era mais forte,
Sacou a espada e…
Zás fras stras.


Mas não matou.
Querem saber o que se passou?

lunedì 20 aprile 2009

ombelico del cane


geniale dani
e se volete anche voi deliziarvi con questo generatore (non elettrico, bensí elettronico) di manifesti dell'UDC cliccate qui

giovedì 16 aprile 2009

tornati felici

eccoci ritornati a lx, al lavoro, all'uni, al corso di contadores, a casa nostra.
credo che questi giorni in italia, e soprattutto a trento, siano stati la migliore visita in patria da quando sono partito.
l obbiettivo dichiarato e raggiunto in questi giorni a trento era stare con i nostri amici, bere un caffe, delle birrette, andare a cena, chiaccherare.
e abbiamo fatto proprio questo, solo questo.
tutti, tutti tutti, si disponibilizzavano nel tempo "libero" che avevano per riuscire a vederci e tutti (noi compresi) saltavamo tra gli impegni di un agenda fittissima che niiianche una sta di hollywood, o bollywood. ma erano impegni piacevoli e quindi non pesavano.
volevo ringraziarvi a tutti, amici, per questi giorni strafichi.
qualche cosa dell'italia, e soprattutto di trento, mi manca e mi mancate voi.
ma visite cosi valgono la pena, sono proprio succose succose.
grazie
(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)(tornate/venite a lisbona)

giovedì 2 aprile 2009

bere a grandi sorsi



matia si beve il suo bicchiere di piccola gioia.

matia si gongola di avere amici geniali e gentili che rivedrá presto.

(www.ilfunambolo.it)

martedì 17 marzo 2009

Condoms Stop HIV, Pope Stops Condoms, Stop the Pope

"E l'Aids non si vince con preservativi"
L'epidemia di Aids "non si può superare con la distribuzione dei preservativi che, anzi aumentano i problemi": è quanto ha affermato Benedetto XVI, durante il suo viaggio verso l'Africa. Il Papa ha indicato come unica strada efficace quella di un "rinnovo spirituale e umano" nella sessualità. (repubblica 17-03-09)

credo che il papa é della corrente di pensiero secondo cui se chi ha l'AIDS ha rapporti con una vergine, guarisce.


VAFFANCULO COGLIONE!

giovedì 12 marzo 2009

supereroi contro la municipal





l'altro sabato, mentre noi bevavamo delle simpatiche birrette a bairro alto, hanno bloccato la macchina dell'amico con cui eravamo:



era la municipale


avevano bloccato tutte le macchine della zona e poi aspettavano nel loro furgoncino che la gente pagasse i 60 euri per tornare a casa.


ho tenuto l'adesivo che c'era sulla portiera e ora sono pronto a diventare un supereroe contro la municipale con il mio mat-monociclo segreto:


lunedì 9 marzo 2009

andale andale arriba arriba


a lisbona c'é una piazza. accanto a questa piazza ce n'é un altra piú importante, che si chiama Rossio. in mezzo a questa piazza c'é una statua. le guide turistiche non ufficiali (me compreso) raccontano che il personaggio raffigurato in questa statua non é D. Pedro I (in portogallo conosciuto come D. Pedro IV), imperatore del Brasile, bensi Massimiliano del Messico, principe di Ungheria e Boemia e imperatore del Messico per ben 3 anni.
dicono, queste guide illegali, che la statua, forgiata forse in italia, si trovava su una barca per il messico che fece scalo a Lisbona nel 1867. in questo stesso anno l'imperatore fu fucilato (dal bisnonno di zapata penso io) e allora, visto che la statua era inutile ai messicani, i portoghesi avrebbero pensato bene di usarla per D.Pedro I/IV, tanto cosi in alto chi si sarebbe accorto delle differenze?
Un'altra versione dice che le 2 statue furono forgiate nella stessa officina italiana dove poi sarebbe avvenuto accidentalmente lo scambio nell'atto della spedizione (Poste italiane, parte il jingle).
Ebbene...non é vero niente, é tutta una balla. un illustre studioso di lisbona, Appio Sottomayor ride di questa storia (noi invece ridiamo del suo nome) e dice che addirittura i bottoni della giacca di D. Pedro I/IV (l'unico, l'originale) riportano il simbolo del portogallo.
amici, scusate se vi ho raccontato questa balla in occasione della vostra lieta visita portoghese.
continueró a farlo.

mercoledì 4 marzo 2009

Why Facebook Is for Old Fogies By Lev Grossman Thursday, Feb. 12, 2009, TIME


Facebook is five. Maybe you didn't get it in your news feed, but it was in February 2004 that Harvard student Mark Zuckerberg, along with some classmates, launched the social network that ate the world. Did he realize back then in his dorm that he was witnessing merely the larval stage of his creation? For what began with college students has found its fullest, richest expression with us, the middle-aged. Here are 10 reasons Facebook is for old fogies:

1. Facebook is about finding people you've lost track of. And, son, we've lost track of more people than you've ever met. Remember who you went to prom with junior year? See, we don't. We've gone through multiple schools, jobs and marriages. Each one of those came with a complete cast of characters, most of whom we have forgotten existed. But Facebook never forgets

2. We're no longer bitter about high school. You're probably still hung up on any number of petty slights, but when that person who used to call us that thing we're not going to mention here, because it really stuck, asks us to be friends on Facebook, we happily friend that person. Because we're all grown up now. We're bigger than that. Or some of us are, anyway. We're in therapy, and it's going really well. These are just broad generalizations. Next reason.

3. We never get drunk at parties and get photographed holding beer bottles in suggestive positions. We wish we still did that. But we don't.

4. Facebook isn't just a social network; it's a business network. And unlike, say, college students, we actually have jobs. What's the point of networking with people who can't hire you? Not that we'd want to work with anyone your age anyway. Given the recession — and the amount of time we spend on Facebook — a bunch of hungry, motivated young guns is the last thing we need around here.

5. We're lazy. We have jobs and children and houses and substance-abuse problems to deal with. At our age, we don't want to do anything. What we want is to hear about other people doing things and then judge them for it. Which is what news feeds are for.

6. We're old enough that pictures from grade school or summer camp look nothing like us. These days, the only way to identify us is with Facebook tags.

7. We have children. There is very little that old people enjoy more than forcing others to pay attention to pictures of their children. Facebook is the most efficient engine ever devised for this.

8. We're too old to remember e-mail addresses. You have to understand: we have spent decades drinking diet soda out of aluminum cans. That stuff catches up with you. We can't remember friends' e-mail addresses. We can barely remember their names.

9. We don't understand Twitter. Literally. It makes no sense to us.

10. We're not cool, and we don't care. There was a time when it was cool to be on Facebook. That time has passed. Facebook now has 150 million members, and its fastest-growing demographic is 30 and up. At this point, it's way cooler not to be on Facebook. We've ruined it for good, just like we ruined Twilight and skateboarding. So git! And while you're at it, you damn kids better get off our lawn too.
(ok lo confesso, il mio inglese non mi ha permesso di capire tutto tutto tutto, diciamo una buona parte)

martedì 3 marzo 2009

volantino

amici,
é meglio la versione in bianco o quella in nero?


votate votate votate!
(non vale votare antonio)

venerdì 20 febbraio 2009

dress code

questi 2 tipi, Ari Versluis e Ellie Uyttenbroek, fotografi, olandesi, sono andati in giro per il mondo per 14 anni a fotografare persone ritratte nella stessa posizione, catalogandole poi secondo il dress code. ora ne hanno fattouna mostra, che é a Roma, ma soprattutto un catalogo dettagliato di tutti (ok non tutti, ma molti) i dress code che le persone usano per distinguersi.
Il sito http://www.exactitudes.com/ é divertentissimo. i miei preferiti sono i 97. Backpackers - Rotterdam 2008, ok hanno un po' le faccie da olandesi, o da canadesi, ma uno ha addirittura un cappello australiano alla mr crocodile dundee, lo voglio anch'io uffa.

mercoledì 18 febbraio 2009

auguri


auguri in ritardo caro carlo


sono stato a una conferenza in tuo onore intitolata "chi a paura di carlo darwin?"
logicamente sono stato solo perché era nella biblioteca dove sto facendo lo stage, il tema non mi interessava molto, scusa.

Durante tutta la conferenza pensavo:
se (i) gli individui di una specie piú adatti a sopravvivere si riproducono di piú e se (ii) i nostri denti del giudizio stanno lentamente sparendo, vista la loro inutilitá frente ai nostri pasti dove manca la carne cruda e dura, sará proprio vero che (i+ii) gli individui della specie umana con pochi denti del giudizio, o addirittura senza, si riproducono di piu?

É che io ho 3 denti e mezzo, quindi sono un individuo teoricamente poco adatto a sopravvivere, ma comunque ha un desiderio di paternitá.

Alla faccia tua, carlo!

brogli nelle elezioni americane




si sa che Obama ha vinto grazie al suo slogan Yes, we can!

si sa anche che lo slogan tradotto non funziona, vedi il Si, se po' fa! d Veltroni.

Ma attenzione!esperti internazionali ci dicono che Obama ha chiaramente rubato lo slogan a Bob the Builder (vedere video)!

Bob é un eroe usurpato, come il fratello gemello di Luigi XIV, quello con la maschera di ferro.
Bob é il vero vincitore morale delle recenti elezioni americane!
Restituiamo la presidenza al vero vincitore!

cosi magari dá anche una restrutturata alla vecchia casa bianca, o alla vecchia democrazia yankee.

sabato 14 febbraio 2009

in un giorno di pioggia

-stampa le immagini
-ritaglia le figure
-gioca e inventa storie

versione giocoliere

versione volontario


versione professore (di giocoleria)


versione studente



original version

martedì 10 febbraio 2009

altare alla portoghesitá


"Quella ragazza che amavamo" di Adriano Sofri

ORMAI la diversità dei pensieri si era tramutata in una dannazione reciproca, una messa al bando, una insofferenza esasperata. E neanche ora, neanche in hora mortis nostrae, si rimarginerà, temo. Ma, forse solo per un piccolo risarcimento, forse perché è la cosa più importante, possiamo riconoscerci tutti - quasi tutti - in un acquisto dapprincipio imprevedibile, e che non era nei propositi. Abbiamo tutti - quasi tutti: non fa bene ignorare il cinismo e la cattiveria vera - voluto molto bene alla ragazza Eluana. Le abbiamo voluto sempre più bene, man mano che passavano gli anni e la ferita si esacerbava mille volte di nuovo e noi intanto diventavamo grandi o vecchi, nascevamo e ci ammalavamo e, qualcuno, morivamo: e quel viso di ragazza continuava a guardarci illeso dal tempo e dalla sventura. Prima della fotografia, i ritrattisti delle famiglie del nord d'Europa, di quelle che potevano permetterselo, dipingevano una volta all'anno il gruppo di famiglia, sicché sulle pareti domestiche scorrevano le generazioni, i bambini diventavano adulti, gli adulti vecchi, matrimoni rinnovavano la scena, nuovi nati facevano la loro comparsa. In quelle gallerie di quadri ricordo, c'erano alcune figure di bambini o di giovani che non cambiavano più aspetto, il tempo non le lavorava più, perché erano morti giovani o bambini, e una rossa crocetta dipinta sopra la testa avvertiva della loro perdita, ma non si aveva cuore di espellerli dal gruppo. Il signor Englaro, rifiutandosi, contro la propria presumibile convenienza, di esporre le fattezze di Eluana se non fino al punto in cui l'ebbe perduta, ha suscitato in tutti noi lo stesso risultato pieno d'affetto e di rimpianto. Abbiamo voluto bene a quella ragazza meravigliosa, al modo in cui i suoi occhi continuavano a guardarci così da lontano, così da vicino, e l'abbiamo rimpianta come una nostra compagna di viaggio insieme perduta e illesa. Abbiamo voluto bene, ogni giorno di più, anche alla Eluana che non vedevamo, che non abbiamo mai visto, nella quale la ragazza dagli occhi profondi si continuava e si consumava, e abbiamo avuto pietà di lei e di noi. Quel padre che, chiuso in un suo cerchio senza uscita, combinava e ricombinava senza ostentazione e senza falso pudore le belle fotografie della sua creatura, come per ricominciare ogni volta a far scorrere la vita della sua carissima figlia prima che la promessa si spezzasse, ce l'ha fatta amare, senza proporselo.
Senza proporsi altro se non di avere la legge dalla propria parte, e le persone, perché una buona legge dev'essere dalla parte delle persone e del loro dolore. L'ha conservata così, nella memoria di una comunità che l'aveva adottata, benché si lacerasse sul suo destino. Se c'è una sottile speranza che l'Italia non esca più amara e incattivita da una vicenda oltraggiosamente accanita, è in questo amore condiviso. Il signor Englaro non ha mirato a nessuna convenienza. Non ha fatto conti. Ha fatto quello che sentiva come il suo dovere. Se fosse stato un uomo politico - cioè un politico, oltre che l'uomo che è - si sarebbe sottratto alla piccola trappola della gara col tempo, che metteva in scena nel rullo di tamburi del precipitoso finale il copione degli uni che bruciavano le ore per salvare una vita, degli altri che bruciavano i minuti per sacrificarla. ("Il sacrificio non sia vano": frase pronunciata ieri sera in Senato, non so con quanta consapevolezza, bestemmia più enorme di tutte, che accusa di un sacrificio umano, e pretende di riscattarlo, per giunta con una legge folle). Si sarebbe esposto alle intemperie sulla cima di un campanile friulano per protestare: dopotutto il capo del governo si era spinto, non so con quanta consapevolezza, a dire che quella sua figlia perduta avrebbe potuto partorire. Avrebbe fatto uno sciopero della fame e della sete, per replicare a chi lo accusava di voler assassinare per fame e sete la sua creatura. Li avreste visti volare, allora, i sondaggi, angeli custodi della superstizione e della demagogia contemporanea. Verrebbe voglia di dire che bisogna tutti sforzarsi di richiudere questa ferita, ma non sarà così. Le ferite non si chiudono. Non si chiuse quella di Moro. La disputa sul corpo di Eluana è per l'Italia del nuovo millennio una tragedia senza catarsi, senza redenzione, come fu quella sul corpo di Moro per la fine del secolo scorso. Ho guardato il minuto di raccoglimento al Senato: sembrava piuttosto, per quei grami presenti, la concentrazione nell'angolo prima dell'ultimo round. Certi uomini politici - cioè certi politici, prima degli uomini che dimenticano di essere - fanno molti conti. Vedrete: anche ora che il corpo di Eluana non è più perquisibile dai Nas, mostreranno di voler procedere per la loro strada. Legislatori tutti d'un pezzo, pronti a decretare la mia, la vostra, l'impossibilità di ciascuno di rifiutare per sé la nutrizione artificiale, una volta che ci trovassimo privati senza ritorno della nostra coscienza. Pazzia. Silvio Berlusconi ha voluto dire che lui, nella condizione di Beppino Englaro, non potrebbe mai "staccare la spina". Sia risparmiata la prova a lui e a noi. Tuttavia la prova è stata imposta a tanti, e qualunque sia la loro scelta, compresa quella di non rassegnarsi mai al commiato, dev'essere rispettata, amata e sostenuta. Ma provi Berlusconi a immaginare un'altra eventualità: che tocchi a lui di uscire da una rianimazione in una condizione vegetativa irreversibile. Vorrebbe o no poter decidere, finché il senno e la fortuna siano dalla sua, come debba chiudersi la sua esistenza, o preferisce lasciarne il peso ai suoi figli, per giunta votando ad horas l'obbligo a nutrirlo artificialmente senza fine? Questo era già il punto, ora lo è ancora più nitidamente. Mettete via i cartelli opposti che intimano: "Giù le mani da Eluana". Salutiamola, Eluana, con l'amore che si sapeva riservare alle ragazze perite, tenerelle, pria che l'erbe inaridisse il verno. Quanto a noi, scriviamo ciascuno sul proprio cartello: "Giù le mani da me, per favore".

lunedì 9 febbraio 2009

estagio na biblioteca


finite le ferie
sabato ho cominciato un corso di contadores de histórias alla Biblioteca Municipale di Oeiras (nota: allegare volantino geniale di "Dar a bere storie" del Circolo Arci Malacarne di Verona).
E in teoria oggi avrei dovuto cominciare lo stage in questa biblioteca, nella sezione infantile, ma siamo in Portogallo quindi forse comincio domani, forse mercoledí.
Ma sabato, sugli scaffali della suddetta sezione infantile, ho visto l'edizione inglese di un libro che da piccolo mi era piaciuto tanto, Il GGG (Grande Gigante Gentile) di Roald Dahl.
Succede che la versione inglese si chiama The BFG (Big Friendly Giant).
Che delusione,il BFG sembra un canale televisivo, inglese appunto, non il Grande Gigante Gentile che ho nella testa.
Tanto piú che nella rubrica del mio telefono il GGG é Dani, con i suoi baffi a manubrio.
Oh yeah!

domenica 8 febbraio 2009

Rompiamo il silenzio

Appello di Libertá e Giustizia (http://www.libertaegiustizia.it/)

Rompiamo il silenzio

“Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell’umanità… La differenza tra la mia generazione e quella dei nostri padri è che loro erano democratici ottimisti. Noi siamo, dobbiamo essere, democratici sempre in allarme”. Norberto Bobbio
Primi firmatari: Gustavo Zagrebelsky, Gae Aulenti, Umberto Eco, Claudio Magris, Guido Rossi, Sandra Bonsanti, Giunio Luzzatto, Simona Peverelli, Elisabetta Rubini, Salvatore Veca.
Rompiamo il silenzio. Mai come ora è giustificato l’allarme. Assistiamo a segni inequivocabili di disfacimento sociale: perdita di senso civico, corruzione pubblica e privata, disprezzo della legalità e dell’uguaglianza, impunità per i forti e costrizione per i deboli, libertà come privilegi e non come diritti. Quando i legami sociali sono messi a rischio, non stupiscono le idee secessioniste, le pulsioni razziste e xenofobe, la volgarità, l’arroganza e la violenza nei rapporti tra gli individui e i gruppi. Preoccupa soprattutto l’accettazione passiva che penetra nella cultura. Una nuova incipiente legittimità è all’opera per avvilire quella costituzionale. Non sono difetti o deviazioni occasionali, ma segni premonitori su cui si cerca di stendere un velo di silenzio, un velo che forse un giorno sarà sollevato e mostrerà che cosa nasconde, ma sarà troppo tardi.
Non vedere è non voler vedere. Non conosciamo gli esiti, ma avvertiamo che la democrazia è in bilico.
Pochi Paesi al mondo affrontano l’attuale crisi economica e sociale in un decadimento etico e istituzionale così esteso e avanzato, con regole deboli e contestate, punti di riferimento comuni cancellati e gruppi dirigenti inadeguati. La democrazia non si è mai giovata di crisi come quella attuale. Questa può sì essere occasione di riflessione e rinnovamento, ma può anche essere facilmente il terreno di coltura della demagogia, ciò da cui il nostro Paese, particolarmente, non è immune.
La demagogia è il rovesciamento del rapporto democratico tra governanti e governati. La sua massima è: il potere scende dall’alto e il consenso si fa salire dal basso. ll primo suo segnale è la caduta di rappresentatività del Parlamento. Regole elettorali artificiose, pensate più nell’interesse dei partiti che dei cittadini, l’assenza di strumenti di scelta delle candidature (elezioni primarie) e dei candidati (preferenze) capovolgono la rappresentanza. L’investitura da parte di monarchie o oligarchie di partito si mette al posto dell’elezione. La selezione della classe politica diventa una cooptazione chiusa. L’esautoramento del Parlamento da parte del governo, dove siedono monarchi e oligarchi di partito, è una conseguenza, di cui i decreti-legge e le questioni di fiducia a ripetizione sono a loro volta conseguenza.
La separazione dei poteri è fondamento di ogni regime che teme il dispotismo, ma la demagogia le è nemica, perché per essa il potere deve scorrere senza limiti dall’alto al basso. Così, l’autonomia della funzione giudiziaria è minacciata; così il presidenzialismo all’italiana, cioè senza contrappesi e controlli, è oggetto di desiderio.
Ci sono però altre separazioni, anche più importanti, che sono travolte: tra politica, economia, cultura, e informazione; tra pubblico e privato; tra Stato e Chiesa. L’intreccio tra questi fattori della vita collettiva, da cui nascono collusioni e concentrazioni di potere, spesso invisibili e sempre inconfessabili, è la vera, grande anomalia del nostro Paese. Economia, politica, informazione, cultura, religione si alimentano reciprocamente: crescono, si compromettono e si corrompono l’una con l’altra. I grandi temi delle incompatibilità, dei conflitti d’interesse, dell’etica pubblica, della laicità riguardano queste separazioni di potere e sono tanto meno presenti nell’agenda politica quanto più se ne parla a vanvera.
Soprattutto, il risultato che ci sta dinnanzi spaventoso è un regime chiuso di oligarchie rapaci, che succhia dall’alto, impone disuguaglianza, vuole avere a che fare con clienti-consumatori ignari o imboniti, respinge chi, per difendere la propria dignità, non vuole asservirsi, mortifica le energie fresche e allontana i migliori. È materia di giustizia, ma anche di declino del nostro Paese, tutto intero.
Guardiamo la realtà, per quanto preoccupante sia. Rivendichiamo i nostri diritti di cittadini. Consideriamo ogni giorno un punto d’inizio, invece che un punto d’arrivo. Cioè: sconfiggiamo la rassegnazione e cerchiamo di dare esiti allo sdegno.
Che cosa possiamo fare dunque noi, soci e amici di Libertà e Giustizia? Possiamo far crescere le nostre forze per unirle alle intelligenze, alle culture e alle energie di coloro che rendono vivo il nostro Paese e, per amor di sé e dei propri figli, non si rassegnano al suo declino. Con questi obiettivi primari.
Innanzitutto, contrastare le proposte di stravolgimento della Costituzione, come il presidenzialismo e l’attrazione della giurisdizione nella sfera d’influenza dell’esecutivo. Nelle condizioni politiche attuali del nostro Paese, esse sarebbero non strumenti di efficienza della democrazia ma espressione e consolidamento di oligarchie demagogiche.
Difendere la legalità contro il lassismo e la corruzione, chiedendo ai partiti che aspirano a rappresentarci di non tollerare al proprio interno faccendieri e corrotti, ancorché portatori di voti. Non usare le candidature nelle elezioni come risorse improprie per risolvere problemi interni, per ripescare personaggi, per pagare conti, per cedere a ricatti. Promuovere, anche così, l’obbligatorio ricambio della classe dirigente.
Non lasciar morire il tema delle incompatibilità e dei conflitti d’interesse, un tema cruciale, che non si può ridurre ad argomento della polemica politica contingente, un tema che destra e sinistra hanno lasciato cadere. Riaffermare la linea di confine, cioè la laicità senza aggettivi, nel rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica, indipendenti e sovrani “ciascuno nel proprio ordine”, non appartenendo la legislazione civile, se non negli stati teocratici, all’ordine della Chiesa.
Promuovere la cultura politica, il pensiero critico, una rete di relazioni tra persone ugualmente interessate alla convivenza civile e all’attività politica, nel segno dei valori costituzionali.
Sono obiettivi ambiziosi ma non irrealistici se la voce collettiva di Libertà e Giustizia potrà pesare e farsi ascoltare. Per questo chiediamo la tua adesione.


Per sottoscrivere http://www.libertaegiustizia.it/appelli/dettaglio_appello.php?id_appello=11

giovedì 5 febbraio 2009

il casalingo disperato


In queste settimane a lisbona il tempo é super variabile (chiedere a luca per conferma).
In queste settimane, fino a lunedí, sono in ferie. Quindi mi sveglio con calma, metto a posto casa, faccio del bricolage (cosa piú utili che in passato, dani), ascolto musica e, ahimé, metto a stendere la roba fuori (abbiamo due fili con carrucola tipici portoghesi, o mediterranei, o...insomma tipici da casa). Causa la variabilitá del tempo STO IMPAZZENDO. Metto a stendere le robe al sole, contento perché prenderanno un po' d'aria, mi distraggo un momento e diluvia, mi incazzo da solo col tempo e col governo (italiano o portoghese é uguale) e ritiro la roba, la metto a stendere dentro, ritorna il sole. Aaaaaah!
Insomma io capisco le casalinghe frustrate e nervose che magari bevono.
Solo non capisco come si possa arrivare, per la pazzie della roba stesa, a votare berlusconi.
(si ritorna sempre qui, ma quando mi rassegneró?)

martedì 20 gennaio 2009

in ferie

in ferie
aspettando i risultati del primo semestre, sperando di non dover fare nessun esame
aspettando risposte per lo stage
ma soprattutto aspettando luca a lisboa (yeah)
beccatevi le foto delle mie opere di oficina de técnicas artesanais



então pode esperar sentado é "allora puó aspettare seduto" (intuibile)
é un modo di dire pt tipo per
aspetta e spera