domenica 13 dicembre 2009
domenica 6 dicembre 2009
No-berlusconi day em lisboa
giovedì 3 dicembre 2009
martedì 17 novembre 2009
Decameron, Terza Giornata, Prima Novella: Le corna di Cristo
Le corna di Cristo
Opinioni, idee & suggerimenti per la rappresentazione in palco
Via alle telefonate!
lunedì 16 novembre 2009
A estranha história de Capuchinho Vermelho (shadow edition)
Dal corso di Prática teatral, alla mia universitá.
Non c'é la mia parte della storia, visto che dovevo stare dietro lo schermo e non potevo filmare
sabato 7 novembre 2009
QUESTO TRENTINO nº 9, ottobre 2009
Il Portogallo dopo le elezioni del 27 settembre
di Matia Losego & Janeca Dornelas
Per un italiano all’estero, per lo meno in Europa, è difficile staccarsi dalla politica italiana e seguire la politica locale. È difficile, qui, perché il nostro primo ministro è presente ogni settimana sui giornali portoghesi con una sua affermazione, per l’ennesimo scandalo mondano o nella rubrica i migliori e i peggiori della settimana, comparendo troppo spesso nella seconda categoria. Con sorpresa e una certa dose di vergogna abbiamo scoperto che qui l’esempio italiano è studiato nelle facoltà di politica e giornalismo come esempio europeo di instabilità di governo.
mercoledì 21 ottobre 2009
neonati
per un progetto dell'universitá, in un corso di teatro.
lunedì 28 settembre 2009
L'uva e il vino
Me l'ha raccontato Marcela Pérez-Silva. E io ho pensato: se l'uva è fatta di vino, forse noi siamo le parole che raccontano quello che siamo.
.
.
martedì 15 settembre 2009
proibissem a saudade
tu a matas, mas sabes que ela volterá sempre a nascer das próprias cinzas.
fogo...
giovedì 10 settembre 2009
3,2,1...
Appuntamento in centro e a tut gardol en festa.
martedì 8 settembre 2009
giovedì 3 settembre 2009
museo effimero
mercoledì 2 settembre 2009
mercoledì 19 agosto 2009
saggezza populá
mercoledì 29 luglio 2009
scusate il ritardo
mercoledì 24 giugno 2009
mercoledì 17 giugno 2009
1º ano, feito
Marchas populares
S.Antonio, festa di birrette, sardine, matrimoni collettivi e marcie popolari.
Il Comune di Lisbona organizza ogni anno, a s. antónio (di lisboa e/o di padova) le marcie popolari, dando dei soldi ai quartieri che si organizzano per preparare una sfilata di costumi, archi, musiche e canzoni. Ok, é un invenzione salazarista e si nota dai temi dei vari quartieri, tipo le scoperte portoghesi, il mare, i lavori di una volta, ma il castelo fa la differenza. Al castelo (di S.Jorge, quello del drago) viveva una nostra amica che é costumista, l'anno scorso ha vinto la categoria dei costumi delle marcie popolari e quest'anno ha convinto il quartiere del castelo ha lasciare perdere questi temi salazaristi e a mascherarsi da scacchi. Poi ha fatto i costumi, gli archi e ha litigato mille volte con le sarte e i tecnici. Nei giorni della marcia, in un mega palasport e poi, il 12 sera, nella strada principale della cittá, siamo andati a aiutarla a preparare i marcianti (52 o una cosa del genere). La janeca truccava le donne stile Cirque do Soleil io ero il trova robe o l'attacca fettuccie nei tamburelli. Nel palasport alla fine noi siamo rimasti fra il pubblico, avendo cosi il piacere di vedere anche una minirissa tra tifoserie avversarie (we are not tipical, recitava un graffito tempo fa), ma nell avenida da libertade siamo rimasti con lei a fare gli ultimi ritocchi, tipo spruzzare uno spray con brillantini (secondo me tossico) in faccia a tutti e soprattutto abbiamo sfilato nell'avenida con i marcianti e con ritinha (questa nostra amica) come tecnici yeah. In realta io nell'avenida non ho fatto niente, solo avevo un rotolone di scotch appeso al marsupio e mi sforzavo a fare la faccia da tecnico concentrato, ma la janeca per esempio ha riparato scarpe rosse col tacco (attaccandole direttamente al piede con nastro adesivo, zitta, soffri e danza). Passavamo tra il pubblico, separato da noi dalle transenne, come passano i tecnici dei grandi concerti, ahahah. Beh insomma alla fine il castelo ha vinto! ha vinto il concorso principale a pari merito con Alfama (quelli che non sono tipici) e ha vinto anche, sempre a pari merito, la sezione costumi, la sezione archi (tutto lavoro di ritinha, vivaviva) e la coreografia. yeah
ninguem para o castelo
ninguem para o castelo
ninguem para o castelo
questo é il video dello spettacolo principale dell'avenida, nel concorso é obbrigatorio che siano i marcianti a cantare le canzoni, con tutto quello che implica, ahahah
Toca a alvorada
e o Castelo acorda logo
marcha compassada
que este bairro tem de cor
Lembra aquela espada
transformada em cruz de fogo
para um Portugal maior
il testo non ha nessun senso, ma é una di quelle canzoni che esaltano le folle
e ah, siamo anche tra i ringraziamenti, io sono semplicemente Matia, come quando c'é un unico nero nei film dei teenagers americani
ma in veritá siamo noi che ringraziamo Ritinha
venerdì 5 giugno 2009
venerdì 22 maggio 2009
cirque do soleil VAREKAI
pa', não dá para acreditar, mas acreditem!
obrigado meu amor, obrigado ao cirque!
lunedì 4 maggio 2009
lumacablog
oggi invece a lezione abbiamo cominciato a lavorare in flash. ecco il primo risultato:
ora ci lanciamo nella produzione della filastrocca "Cosa ci vuole" di Rodari (per fare un tavolo, ci vuole in legno, x fare il legno...) con l'obiettivo di promuovere la lettura
yeah!
sabato 25 aprile 2009
venerdì 24 aprile 2009
loop
dois austríacos e um inglês.
O inglês, que era mais forte,
Sacou a espada e…
Zás fras stras.
Mas não matou.
Querem saber o que se passou?
lunedì 20 aprile 2009
ombelico del cane
giovedì 16 aprile 2009
tornati felici
giovedì 2 aprile 2009
bere a grandi sorsi
giovedì 26 marzo 2009
martedì 17 marzo 2009
Condoms Stop HIV, Pope Stops Condoms, Stop the Pope
giovedì 12 marzo 2009
supereroi contro la municipal
l'altro sabato, mentre noi bevavamo delle simpatiche birrette a bairro alto, hanno bloccato la macchina dell'amico con cui eravamo:
era la municipale
avevano bloccato tutte le macchine della zona e poi aspettavano nel loro furgoncino che la gente pagasse i 60 euri per tornare a casa.
ho tenuto l'adesivo che c'era sulla portiera e ora sono pronto a diventare un supereroe contro la municipale con il mio mat-monociclo segreto:
lunedì 9 marzo 2009
andale andale arriba arriba
mercoledì 4 marzo 2009
Why Facebook Is for Old Fogies By Lev Grossman Thursday, Feb. 12, 2009, TIME
Facebook is five. Maybe you didn't get it in your news feed, but it was in February 2004 that Harvard student Mark Zuckerberg, along with some classmates, launched the social network that ate the world. Did he realize back then in his dorm that he was witnessing merely the larval stage of his creation? For what began with college students has found its fullest, richest expression with us, the middle-aged. Here are 10 reasons Facebook is for old fogies:
1. Facebook is about finding people you've lost track of. And, son, we've lost track of more people than you've ever met. Remember who you went to prom with junior year? See, we don't. We've gone through multiple schools, jobs and marriages. Each one of those came with a complete cast of characters, most of whom we have forgotten existed. But Facebook never forgets
2. We're no longer bitter about high school. You're probably still hung up on any number of petty slights, but when that person who used to call us that thing we're not going to mention here, because it really stuck, asks us to be friends on Facebook, we happily friend that person. Because we're all grown up now. We're bigger than that. Or some of us are, anyway. We're in therapy, and it's going really well. These are just broad generalizations. Next reason.
4. Facebook isn't just a social network; it's a business network. And unlike, say, college students, we actually have jobs. What's the point of networking with people who can't hire you? Not that we'd want to work with anyone your age anyway. Given the recession — and the amount of time we spend on Facebook — a bunch of hungry, motivated young guns is the last thing we need around here.
5. We're lazy. We have jobs and children and houses and substance-abuse problems to deal with. At our age, we don't want to do anything. What we want is to hear about other people doing things and then judge them for it. Which is what news feeds are for.
6. We're old enough that pictures from grade school or summer camp look nothing like us. These days, the only way to identify us is with Facebook tags.
7. We have children. There is very little that old people enjoy more than forcing others to pay attention to pictures of their children. Facebook is the most efficient engine ever devised for this.
8. We're too old to remember e-mail addresses. You have to understand: we have spent decades drinking diet soda out of aluminum cans. That stuff catches up with you. We can't remember friends' e-mail addresses. We can barely remember their names.
9. We don't understand Twitter. Literally. It makes no sense to us.
10. We're not cool, and we don't care. There was a time when it was cool to be on Facebook. That time has passed. Facebook now has 150 million members, and its fastest-growing demographic is 30 and up. At this point, it's way cooler not to be on Facebook. We've ruined it for good, just like we ruined Twilight and skateboarding. So git! And while you're at it, you damn kids better get off our lawn too.
martedì 3 marzo 2009
volantino
venerdì 20 febbraio 2009
dress code
Il sito http://www.exactitudes.com/ é divertentissimo. i miei preferiti sono i 97. Backpackers - Rotterdam 2008, ok hanno un po' le faccie da olandesi, o da canadesi, ma uno ha addirittura un cappello australiano alla mr crocodile dundee, lo voglio anch'io uffa.
mercoledì 18 febbraio 2009
auguri
logicamente sono stato solo perché era nella biblioteca dove sto facendo lo stage, il tema non mi interessava molto, scusa.
brogli nelle elezioni americane
si sa che Obama ha vinto grazie al suo slogan Yes, we can!
si sa anche che lo slogan tradotto non funziona, vedi il Si, se po' fa! d Veltroni.
Ma attenzione!esperti internazionali ci dicono che Obama ha chiaramente rubato lo slogan a Bob the Builder (vedere video)!
Bob é un eroe usurpato, come il fratello gemello di Luigi XIV, quello con la maschera di ferro.Bob é il vero vincitore morale delle recenti elezioni americane!
Restituiamo la presidenza al vero vincitore!
cosi magari dá anche una restrutturata alla vecchia casa bianca, o alla vecchia democrazia yankee.
sabato 14 febbraio 2009
in un giorno di pioggia
martedì 10 febbraio 2009
"Quella ragazza che amavamo" di Adriano Sofri
Senza proporsi altro se non di avere la legge dalla propria parte, e le persone, perché una buona legge dev'essere dalla parte delle persone e del loro dolore. L'ha conservata così, nella memoria di una comunità che l'aveva adottata, benché si lacerasse sul suo destino. Se c'è una sottile speranza che l'Italia non esca più amara e incattivita da una vicenda oltraggiosamente accanita, è in questo amore condiviso. Il signor Englaro non ha mirato a nessuna convenienza. Non ha fatto conti. Ha fatto quello che sentiva come il suo dovere. Se fosse stato un uomo politico - cioè un politico, oltre che l'uomo che è - si sarebbe sottratto alla piccola trappola della gara col tempo, che metteva in scena nel rullo di tamburi del precipitoso finale il copione degli uni che bruciavano le ore per salvare una vita, degli altri che bruciavano i minuti per sacrificarla. ("Il sacrificio non sia vano": frase pronunciata ieri sera in Senato, non so con quanta consapevolezza, bestemmia più enorme di tutte, che accusa di un sacrificio umano, e pretende di riscattarlo, per giunta con una legge folle). Si sarebbe esposto alle intemperie sulla cima di un campanile friulano per protestare: dopotutto il capo del governo si era spinto, non so con quanta consapevolezza, a dire che quella sua figlia perduta avrebbe potuto partorire. Avrebbe fatto uno sciopero della fame e della sete, per replicare a chi lo accusava di voler assassinare per fame e sete la sua creatura. Li avreste visti volare, allora, i sondaggi, angeli custodi della superstizione e della demagogia contemporanea. Verrebbe voglia di dire che bisogna tutti sforzarsi di richiudere questa ferita, ma non sarà così. Le ferite non si chiudono. Non si chiuse quella di Moro. La disputa sul corpo di Eluana è per l'Italia del nuovo millennio una tragedia senza catarsi, senza redenzione, come fu quella sul corpo di Moro per la fine del secolo scorso. Ho guardato il minuto di raccoglimento al Senato: sembrava piuttosto, per quei grami presenti, la concentrazione nell'angolo prima dell'ultimo round. Certi uomini politici - cioè certi politici, prima degli uomini che dimenticano di essere - fanno molti conti. Vedrete: anche ora che il corpo di Eluana non è più perquisibile dai Nas, mostreranno di voler procedere per la loro strada. Legislatori tutti d'un pezzo, pronti a decretare la mia, la vostra, l'impossibilità di ciascuno di rifiutare per sé la nutrizione artificiale, una volta che ci trovassimo privati senza ritorno della nostra coscienza. Pazzia. Silvio Berlusconi ha voluto dire che lui, nella condizione di Beppino Englaro, non potrebbe mai "staccare la spina". Sia risparmiata la prova a lui e a noi. Tuttavia la prova è stata imposta a tanti, e qualunque sia la loro scelta, compresa quella di non rassegnarsi mai al commiato, dev'essere rispettata, amata e sostenuta. Ma provi Berlusconi a immaginare un'altra eventualità: che tocchi a lui di uscire da una rianimazione in una condizione vegetativa irreversibile. Vorrebbe o no poter decidere, finché il senno e la fortuna siano dalla sua, come debba chiudersi la sua esistenza, o preferisce lasciarne il peso ai suoi figli, per giunta votando ad horas l'obbligo a nutrirlo artificialmente senza fine? Questo era già il punto, ora lo è ancora più nitidamente. Mettete via i cartelli opposti che intimano: "Giù le mani da Eluana". Salutiamola, Eluana, con l'amore che si sapeva riservare alle ragazze perite, tenerelle, pria che l'erbe inaridisse il verno. Quanto a noi, scriviamo ciascuno sul proprio cartello: "Giù le mani da me, per favore".
lunedì 9 febbraio 2009
estagio na biblioteca
domenica 8 febbraio 2009
Rompiamo il silenzio
Rompiamo il silenzio
“Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell’umanità… La differenza tra la mia generazione e quella dei nostri padri è che loro erano democratici ottimisti. Noi siamo, dobbiamo essere, democratici sempre in allarme”. Norberto Bobbio
Primi firmatari: Gustavo Zagrebelsky, Gae Aulenti, Umberto Eco, Claudio Magris, Guido Rossi, Sandra Bonsanti, Giunio Luzzatto, Simona Peverelli, Elisabetta Rubini, Salvatore Veca.
Rompiamo il silenzio. Mai come ora è giustificato l’allarme. Assistiamo a segni inequivocabili di disfacimento sociale: perdita di senso civico, corruzione pubblica e privata, disprezzo della legalità e dell’uguaglianza, impunità per i forti e costrizione per i deboli, libertà come privilegi e non come diritti. Quando i legami sociali sono messi a rischio, non stupiscono le idee secessioniste, le pulsioni razziste e xenofobe, la volgarità, l’arroganza e la violenza nei rapporti tra gli individui e i gruppi. Preoccupa soprattutto l’accettazione passiva che penetra nella cultura. Una nuova incipiente legittimità è all’opera per avvilire quella costituzionale. Non sono difetti o deviazioni occasionali, ma segni premonitori su cui si cerca di stendere un velo di silenzio, un velo che forse un giorno sarà sollevato e mostrerà che cosa nasconde, ma sarà troppo tardi.
Non vedere è non voler vedere. Non conosciamo gli esiti, ma avvertiamo che la democrazia è in bilico.
Pochi Paesi al mondo affrontano l’attuale crisi economica e sociale in un decadimento etico e istituzionale così esteso e avanzato, con regole deboli e contestate, punti di riferimento comuni cancellati e gruppi dirigenti inadeguati. La democrazia non si è mai giovata di crisi come quella attuale. Questa può sì essere occasione di riflessione e rinnovamento, ma può anche essere facilmente il terreno di coltura della demagogia, ciò da cui il nostro Paese, particolarmente, non è immune.
La demagogia è il rovesciamento del rapporto democratico tra governanti e governati. La sua massima è: il potere scende dall’alto e il consenso si fa salire dal basso. ll primo suo segnale è la caduta di rappresentatività del Parlamento. Regole elettorali artificiose, pensate più nell’interesse dei partiti che dei cittadini, l’assenza di strumenti di scelta delle candidature (elezioni primarie) e dei candidati (preferenze) capovolgono la rappresentanza. L’investitura da parte di monarchie o oligarchie di partito si mette al posto dell’elezione. La selezione della classe politica diventa una cooptazione chiusa. L’esautoramento del Parlamento da parte del governo, dove siedono monarchi e oligarchi di partito, è una conseguenza, di cui i decreti-legge e le questioni di fiducia a ripetizione sono a loro volta conseguenza.
La separazione dei poteri è fondamento di ogni regime che teme il dispotismo, ma la demagogia le è nemica, perché per essa il potere deve scorrere senza limiti dall’alto al basso. Così, l’autonomia della funzione giudiziaria è minacciata; così il presidenzialismo all’italiana, cioè senza contrappesi e controlli, è oggetto di desiderio.
Ci sono però altre separazioni, anche più importanti, che sono travolte: tra politica, economia, cultura, e informazione; tra pubblico e privato; tra Stato e Chiesa. L’intreccio tra questi fattori della vita collettiva, da cui nascono collusioni e concentrazioni di potere, spesso invisibili e sempre inconfessabili, è la vera, grande anomalia del nostro Paese. Economia, politica, informazione, cultura, religione si alimentano reciprocamente: crescono, si compromettono e si corrompono l’una con l’altra. I grandi temi delle incompatibilità, dei conflitti d’interesse, dell’etica pubblica, della laicità riguardano queste separazioni di potere e sono tanto meno presenti nell’agenda politica quanto più se ne parla a vanvera.
Soprattutto, il risultato che ci sta dinnanzi spaventoso è un regime chiuso di oligarchie rapaci, che succhia dall’alto, impone disuguaglianza, vuole avere a che fare con clienti-consumatori ignari o imboniti, respinge chi, per difendere la propria dignità, non vuole asservirsi, mortifica le energie fresche e allontana i migliori. È materia di giustizia, ma anche di declino del nostro Paese, tutto intero.
Guardiamo la realtà, per quanto preoccupante sia. Rivendichiamo i nostri diritti di cittadini. Consideriamo ogni giorno un punto d’inizio, invece che un punto d’arrivo. Cioè: sconfiggiamo la rassegnazione e cerchiamo di dare esiti allo sdegno.
Che cosa possiamo fare dunque noi, soci e amici di Libertà e Giustizia? Possiamo far crescere le nostre forze per unirle alle intelligenze, alle culture e alle energie di coloro che rendono vivo il nostro Paese e, per amor di sé e dei propri figli, non si rassegnano al suo declino. Con questi obiettivi primari.
Innanzitutto, contrastare le proposte di stravolgimento della Costituzione, come il presidenzialismo e l’attrazione della giurisdizione nella sfera d’influenza dell’esecutivo. Nelle condizioni politiche attuali del nostro Paese, esse sarebbero non strumenti di efficienza della democrazia ma espressione e consolidamento di oligarchie demagogiche.
Difendere la legalità contro il lassismo e la corruzione, chiedendo ai partiti che aspirano a rappresentarci di non tollerare al proprio interno faccendieri e corrotti, ancorché portatori di voti. Non usare le candidature nelle elezioni come risorse improprie per risolvere problemi interni, per ripescare personaggi, per pagare conti, per cedere a ricatti. Promuovere, anche così, l’obbligatorio ricambio della classe dirigente.
Non lasciar morire il tema delle incompatibilità e dei conflitti d’interesse, un tema cruciale, che non si può ridurre ad argomento della polemica politica contingente, un tema che destra e sinistra hanno lasciato cadere. Riaffermare la linea di confine, cioè la laicità senza aggettivi, nel rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica, indipendenti e sovrani “ciascuno nel proprio ordine”, non appartenendo la legislazione civile, se non negli stati teocratici, all’ordine della Chiesa.
Promuovere la cultura politica, il pensiero critico, una rete di relazioni tra persone ugualmente interessate alla convivenza civile e all’attività politica, nel segno dei valori costituzionali.
Sono obiettivi ambiziosi ma non irrealistici se la voce collettiva di Libertà e Giustizia potrà pesare e farsi ascoltare. Per questo chiediamo la tua adesione.
Per sottoscrivere http://www.libertaegiustizia.it/appelli/dettaglio_appello.php?id_appello=11
giovedì 5 febbraio 2009
il casalingo disperato
martedì 20 gennaio 2009
in ferie
aspettando i risultati del primo semestre, sperando di non dover fare nessun esame
aspettando risposte per lo stage
ma soprattutto aspettando luca a lisboa (yeah)
beccatevi le foto delle mie opere di oficina de técnicas artesanais
então pode esperar sentado é "allora puó aspettare seduto" (intuibile)
é un modo di dire pt tipo per aspetta e spera